Konrad è un mensile del vivere naturale che pubblica volentieri i nostri articoli. Eccovi ancora un articolo a firma  “Ulisse” e/o di Pino Pretto, sugli ultimi numeri.
“MEIO LORI CHE LE MACHINE….” (anonimo, 15 maggio 2004, corso Cavour ).
Probabilmente quel distinto signore che ha esclamato queste parole durante l’adunata degli alpini non sarà stata l’unica persona a pensarla così.

Coinvolti dall’euforia della divertente, esuberante, etilica e sostanzialmente anarchica adunata, tantissimi sono riusciti ad apprezzare il mare di persone che circolavano.

Hanno non solo sopportato ma addirittura goduto dell’invasione umana che ha liberato la città, almeno per un week end, dalle macchine.

Si sono sentiti commenti positivi dai commercianti, sono rimasti sicuramente soddisfatti tutti gli operatori della ristorazione e del turismo.

I vigili urbani, facilitati dalla mancanza dalla solita prevalenza di macchine,hanno addirittura potuto essere benevolenti nei confronti di coloro che, per lavoro, dovevano effettuare consegne o transitare nelle zone con forti limitazioni di traffico.

E, paradossalmente, questi ultimi hanno potuto godere del centro chiuso al traffico veicolare, perché le strade non erano bloccate da macchine in doppia fila ed il flusso di traffico era scorrevole.

Famiglie intere hanno scoperto come si può andare in giro in bicicletta senza necessariamente elevarsi al ruolo di martiri, lasciando la macchina in periferia o addirittura a casa.

Molti, moltissimi, si sono goduti la città e il contatto sociale che essa consente di stabilire.

Insomma il centro chiuso ha fatto bene a tutti.

Tutto questo ricorda un altro caso di pedonalità riuscita, la trasformazione avvenuta in via San Nicolò. Anni fa, quando la via era ancora aperta al traffico, il bar che attualmente la sera accoglie una gran massa di persone, era uno dei tanti localini dimenticati di Trieste. La chiusura del traffico nell’area ha di certo fatto un regalo ai commercianti di quell’area, perché le persone che frequentano la via guardano le vetrine e quelle che non trovano posto nel famoso baretto si rivolgono agli altri locali di via San Nicolò; nuovi negozi e bar si sono aperti nella zona, tanto da diventare un punto di incontro alternativo.

Ci si domanda allora :<­ ma come ??

Di solito, quando mancano le macchine, non si paventa il tracollo finanziario del comparto commerciale, l’esclusione della persona dalla vita sociale, la negazione del progresso umano ?

Ogniqualvolta si accenna ad un minimo di chiusura di vie cittadine agli autoveicoli pare debba cadere il mondo ed invece ogniqualvolta ciò succede, con eventi piccoli o grandi che siano, tutto il disagio che ne se ne può ricavare dipende solo dalla informazione preventiva e dall’organizzazione conseguente.

Allora basta solo la volontà di alcuni e la capacità di adattamento di noi tutti, a poter cambiare le cose “impossibili”?

Allora la chiusura del centro, o perlomeno lo sviluppo di forme alternative di movimento in ambito urbano, visione considerata utopistica e da folli sognatori, può diventare realtà accettata da tutti nel giro di poco tempo?

E allora perché i nostri amministratori, pur sapendo che c’è un sentito bisogno di migliore qualità di vita, pur ricevendo dai cittadini idee che poi apprezzano ( talvolta su certi argomenti alcune associazioni di puro volontariato potrebbero tenere corsi di istruzione a molti impiegati stipendiati ), pur venendo informati dell’esistenza di fondi per sviluppare determinati progetti, non ascoltano o fanno finta di non sentire?

Facciamo un esempio ? Intermodalità.

Facilitazione del movimento delle persone, favorendo l’integrazione tra vari mezzi di trasporto.

Un pizzico di chiusura di centro. Un po’ di parcheggi e noleggi di bici in prossimità delle aree di sosta veicolare o nelle zone di grosso afflusso di persone.Un miglioramento della frequenza dei mezzi pubblici, magari attivando il trasporto delle bici su un carrello da attaccare ai bus.

Tutte queste idee, documentate e presentate al vaglio degli uffici comunali in numerosi incontri della nostra associazione Ulisse-Fiab, sono state apprezzate, a parole, da tecnici e assessori. Ci siamo

anche permessi di indicare che esistono i fondi per fare tutto questo assegnati dalla nostra regione al nostro comune e dimenticati lì. (date un’occhiata al nostro sito web per i dettagli:www.ulisse-fiab.org)

Speriamo che quando questo articolo sarà pubblicato e letto vi siano concrete novità: ovvero dalle lusinghiere parole di apprezzamento si sia passati ai fatti. Noi comunque non demordiamo e il rischio che gli appassionati volontari come noi cadano nell’oblio della disillusione appare ancora lontano. Certo è che qualche azione concreta da parte della nostra amministrazione lo allontanerebbe ancor di più.