Questo articolo è apparso sul mensile Konrad di aprile, con il titolo “Spostarsi senza inquinare”, a firma del nostro solito Pino Pretto.

INTERMODALITA’. (Non è un farmaco, non necessita la prescrizione medica).

Nei numeri scorsi si è parlato della possibilità, o meglio della necessità di un maggior uso della bici in città e si è specificatamente menzionata la nostra realtà cittadina, quella della vecchia Trieste.

Sorge il terrore che questo entusiasmo che vorremmo espandere per le due ruote possa essere smorzato da quella malattia che qua assume aspetti epidemici : la rassegnazione. Essa si manifesta solitamente con il commento ” bel sarìa, ma …. no se pol” ovvero trasposizione in dialetto del famoso detto che l’erba del vicino è sempre più verde.

Infatti la bicicletta si usa in tutte le città europee, dall’Olanda alla Svizzera, dalla Francia all’Austria. Persino la Slovenia in pochi anni è già diventata “europea” per i percorsi ciclabili cittadini predisposti.

Ma noi, triestini eredi dei fasti di un impero, redenti in nome di una delle potenze industriali della terra (!), condotti dalla storia al centro fisico dell’Europa …. no podemo !!

Bisogna dire, ad onor del vero, che le salite, le macchine rabbiose e le maleducazioni tra gli utenti della strada possono far passare la voglia di affrontare i percorsi strada – lavoro su due ruote. Esiste però una metodologia, già sperimentata, che consentirebbe di alleviare le salite, accorciare i percorsi ed evitare i punti più pericolosi della giungla automobilistica. Si chiama intermodalità e sta a denominare l’insieme di strutture e programmazioni che consentono di usufruire di più mezzi di trasporto al fine di coprire distanze piccole o grandi che siano, usando meno possibile il mezzo motorizzato privato e consentendo uno spostamento economico, efficace e per quanto possibile non inquinante. Esempi?

L’intermodalità agevola il pendolare quando va in stazione con la bicicletta, si reca nella località di lavoro con il treno, evitando molti km e lì si muove di nuovo in bici.

L’intermodalità agevola d’estate il turista o il bagnante che va alla banchina del traghetto in bici, arriva a Muggia con il barchino, evitando il transito di tutta la zona industriale e poi va al mare di nuovo in bici.

L’intermodalità agevola chi aggancia la bicicletta sul tram di Opina, sale ed evita il ciglione carsico, e poi si muove in tutto l’altipiano.

Quindi in alcune situazioni, grazie alla fortunata combinazione di eventi questa intermodalità viene già attuata.

Bello sarebbe che questa metodologia venisse ampliata e sviluppata.

Ad esempio predisponendo dove ci sono i grandi parcheggi, o i punti di arrivo di mezzi pubblici ( autobus di linea, treni, traghetti) , sistemi di interscambio con bicicletta. In modo che chi arriva a Trieste abbia modo di evitare il caos del centro invece di affogarci dentro.

Predisponendo parcheggi per bici nell’area della stazione ferroviaria, agevolando le esigenze di mobilità di tutti i pendolari ed invogliando l’arrivo di turisti nella nostra città senza l’uso dell’auto.

Oppure, come è stato fatto in altre città, tra le quali menzioniamo Trento per la somiglianza di altimetrie e dislivelli, facendo agganciare agli autobus urbani impiegati su certe linee ed in certi orari, un rimorchio adattato per il trasporto bici, consentendo così il superamento di dislivelli notevoli ed il raggiungimento delle estreme periferie, e privilegiando di fatto lo spostamento quotidiano in bici.

Agevolare la mobilità privata individuale non inquinante dovrebbe essere un atto necessario da parte del Comune per limitare per quanto possibile le emissioni nocive in centro, soprattutto in vista dell’abbassamento dei valori si soglia, considerato anche che per questo tipo di interventi il Comune ha a disposizione da due anni ben 158.000 euro, mai spesi.

Sarebbe inoltre una maniera per fare un bel passo oltre quell’ingombrante “nosepol” !!